Salvini e l’aborto. Interruzione di gravidanza, in provincia il diritto è garantito

SONDRIO – “Mi auguro che il diritto a non abortire per chi non vuole farlo sia sacrosanto”. Hanno fatto discutere le recenti parole del leader della Lega Matteo Salvini a proposito dell’interruzione di gravidanza.

Ma com’è la situazione in Valtellina? Nel 2018 le donne che, su tutto il territorio dell’Asst della Montagna, hanno deciso di sottoporsi ad un’operazione di questo tipo sono state 135 – di cui sei per motivi terapeutici – mentre quest’anno, dato aggiornato a giugno, le operazioni sono state 48.

Tra le maggiori problematicità riscontrate negli ospedali lombardi, quella dell’elevato numero di medici obiettori di coscienza: in 11 strutture oltre l’80% dei dottori non pratica aborti e non somministra la RU486 – pillola abortiva – mentre in 5 nosocomi, tra cui Sondalo e Chiavenna, la percentuale è del 100%.

Per quanto riguarda gli ospedali provinciali, però, il dato andrebbe letto non come una scarsità di medici disponibili a praticare le interruzioni di gravidanza quanto, piuttosto, alla volontà da parte dell’Asst di tutelare, quanto più possibile, la privacy delle donne che, infatti, vengono tutte, senza eccezioni, indirizzate presso l’ospedale di Sondrio per questo tipo di interventi.

A confermare la lettura anche il numero contenuto – la media nazionale, secondo dati del 2015, è di poco superiore al 70% – di personale obiettore di coscienza, pari circa al 50% del totale. A fronte di 54 medici presenti, fra ginecologi ed anestesisti, 33 di loro hanno deciso di non praticare operazioni di interruzione di gravidanza e di non prescrivere la pillola abortiva mentre tra i 131 assistenti – infermieri e tutto il personale che, a vario titolo, può essere chiamato a partecipare alle operazioni – 80 non sono obiettori.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda la somministrazione delle pillole abortive non utilizzate nelle strutture di Valtellina e Valchiavenna.

Il problema, però, non sarebbe unicamente degli ospedali dell’Asst: in Lombardia, infatti, solamente l’8,2% dei nosocomi offre questa possibilità a fronte di una media nazionale che si attesta al 18%.