Area Falck. Molti malati di tumore, si attendono risposte

NOVATE MEZZOLA – Al momento manca ancora una sentenza del tribunale di Sondrio che possa fare chiarezza sul reale livello di inquinamento dell’area ex Falck a Novate Mezzola ma, in attesa della verità giudiziaria, ciò che è certo sono i tanti malati di tumore, sia tra gli abitanti della zona, sia tra gli ex dipendenti dell’impianto siderurgico.

Impossibile, per ora, azzardare l’esistenza di collegamenti diretti tra l’insorgenza di tumori – i dati sarebbero sopra la media nazionale ma gli studi condotti negli anni passati al riguardo sono stati secretati – e l’attività dell’impianto siderurgico.

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A far preoccupare, però, rimangono le inquietanti tracce di percolato giallastro – a volte arancione – che fuoriescono dal muro di contenimento rattoppato alla meno peggio, dietro al quale per anni la Falck ha interrato le scorie derivanti dalla lavorazione dell’acciaio ricche di cromo esavalente, sostanza altamente cancerogena.

All’epoca nessuno ci aveva detto che stavamo lavorando a contatto con sostanze potenzialmente pericolose e nemmeno ci ponevamo il problema”, questo il commento di Daniele Del Pra, classe 1956, dipendente dello stabilimento dal 1979 fino al 1991, anno in cui gli impianti cessarono la propria attività.

Negli anni ’80 – prosegue Del Pra – complessivamente alla Falck lavoravano circa 120 persone. Quando iniziai a lavorare nel settore amministrativo alcune migliorie per ridurre l’impatto ambientale erano già state introdotte, come il sistema di abbattimento dei fumi e le vasche di decantazione delle acque”.

Gli scarti, contenuti in appositi recipienti però, secondo il ricordo di molti, venivano semplicemente interrati, prima sotto a quello che poi è diventato il piazzale dello stabilimento industriale e poi nella discarica del Giumello. “Ricordo che molti si ammalavano – conclude Del Pra – sia tra i residenti della zona sia tra chi lavorava alle acciaierie”.

Entrambi i luoghi di interramento delle scorie sono vicini ad abitazioni e a corsi d’acqua e la preoccupazione è che il percolato tossico – il processo che si sta svolgendo a Sondrio sarà chiamato a far luce anche su questo – possa aver inquinato le acque, forse fino ad intaccare la vicina riserva umida del Pian di Spagna, la più grande d’Europa.

Michele Broggio