Sanità. Duemila chiamate per supportare le famiglie dei malati di Covid-19

SONDALO – Centodieci giorni di lavoro ininterrotto per dieci ore al giorno, festivi compresi, dal 13 marzo fino al 30 giugno, trascorsi a informare, dialogare e supportare sia i familiari dei malati Covid-19 ricoverati al Morelli sia quelli di chi veniva accolto negli Obi, l’Osservazione breve intensiva, di Sondrio, Chiavenna e Sondalo in attesa di conoscere l’esito del tampone.

Un impegno enorme per un totale di circa duemila chiamate, in uscita e in entrata, per oltre settecento persone. Ad occuparsene sei operatrici  con competenze ed esperienze diverse, coordinate dalla dottoressa Sandra Re, responsabile Fragilità territoriale dell’Asst,: la psicologa Cinzia De Maron, le infermiere Maria Borelli e Zaira Valenti, la fisioterapista Milly Scaramella, le assistenti sociali Fabiana Nazzari e Sonia Venturini.

Un servizio fondamentale senza il quale, particolarmente nei giorni del picco dei ricoverati, oltre 200, ma anche successivamente, si sarebbe verificato un sovraccarico di telefonate che gli operatori dei reparti Covid-19 e quelli del centralino non avrebbero potuto gestire. Una situazione complessa dal punto di vista organizzativo ma anche emotivo per l’impossibilità dei parenti di raggiungere l’ospedale e di stare vicino ai propri cari.

Abbiamo vissuto momenti drammatici – confessa la dottoressa Re – la morte a distanza, senza la possibilità dell’ultimo saluto ai propri cari, ha causato una sofferenza indescrivibile, soprattutto se associata a lutti ripetuti all’interno della stessa famiglia”.

Le operatrici per quasi quattro mesi hanno mantenuto i contatti con medici e infermieri dei vari reparti, a Sondalo soprattutto ma anche a Sondrio e a Chiavenna, e con Areu: aggiornamenti quotidiani o anche per più volte al giorno, soprattutto nella fase più critica. Dopo essersi coordinate con gli operatori, sentivano i familiari per fornire loro il recapito telefonico del reparto da chiamare per ricevere informazioni sullo stato di salute dei pazienti ricoverati. Una telefonata iniziale alla quale, spesso, ne seguivano altre per dare conto dei trasferimenti da un reparto all’altro o per supportare famiglie problematiche, per un totale di 1150 chiamate in uscita e 320 in entrata.