Cura dei Tumori. All’ospedale di Sondrio una terapia innovativa

SONDRIO – A partire dalla prossima settimana, presso il reparto di Medicina nucleare e Radioterapia oncologica dell’ospedale di Sondrio, i pazienti si potranno sottoporre alla radioterapia stereotassica, una tipologia di cura radiante particolarmente efficace, per la quale fino ad oggi erano obbligati a spostarsi nei più importanti centri ospedalieri del milanese.

A seguito dell’aggiornamento e dell’implementazione dell’acceleratore lineare, infatti, è ora disponibile anche in provincia di Sondrio una tecnica innovativa, non invasiva, che permette di erogare con grande precisione una cospicua dose di radiazioni su un tumore, provocandone la morte dal punto di vista cellulare, risparmiando maggiormente il tessuto sano.

A evidenziare l’importanza di questa acquisizione per l’intera Asst e per il sistema sanitario provinciale è Claudio Barbonetti, dall’inizio di ottobre direttore della Medicina nucleare e Radioterapia oncologica. “Oltre al risparmio di tempo e alla riduzione dei disagi per i pazienti il miglioramento ulteriore si ha soprattutto nelle prospettive terapeutiche. Con questa implementazione ci allineiamo alla migliore offerta oggi presente fornendo un servizio di elevata qualità alla cittadinanza”.

Il reparto ha attualmente in cura circa 50 pazienti, 500 quelli che accoglie ogni anno, che potrebbero aumentare, in quanto circa 60-70 si dovevano rivolgere ai maggiori centri ospedalieri della Lombardia, poiché questa strumentazione è presente soltanto nella metà delle unità operative di radioterapia della regione.

L’installazione della nuova strumentazione a corredo dell’acceleratore lineare ha comportato anche la ristrutturazione del bunker, il locale che ospita l’apparecchiatura, per adeguarlo, in termini di spazi e allestimenti, alle mutate necessità. L’intervento complessivo ha comportato una spesa totale di poco superiore ai 350mila euro, coperta grazie alla generosa donazione della signora Sandra Colombo, comasca di origine ma residente ad Aprica, scomparsa nel 2018, che aveva espresso la volontà di sostenere il reparto.