Rubrica pedagogia. Didattica a distanza: risorsa o problema?

Dal mese di marzo 2020 abbiamo iniziato a sentire parlare, in riferimento alla scuola, sempre più frequentemente di DAD, ovvero di Didattica a Distanza.

Non potendo recarsi fisicamente a scuola gli alunni e le alunne di ogni ordine e grado hanno fatto uso delle nuove tecnologie per seguire online e da casa le lezioni degli insegnanti, che si svolgevano in modalità sincrona tramite piattaforme digitali come Microsoft Teams, Skype o G Suite e/o in modalità asincrona tramite registrazioni audio, video, slide e file digitali .Una vera e propria scuola virtuale costruita sulla necessità di far fronte alla pandemia. I docenti hanno sperimentato ed improvvisato, ognuno con modalità differenti, un modo di fare scuola di fatto mai utilizzato e che ha colto impreparati i più.

Nonostante le difficoltà e le numerose polemiche la Dad si è protratta sino a giugno. La cosa ha visto anche mobilitarsi le famiglie con problematiche legate ai dispositivi elettronici e al sovraccarico della rete internet. Per gli studenti più piccoli si è resa necessaria poi la presenza quasi costante dei genitori durante le lezioni virtuali.

Con l’inizio del nuovo anno scolastico le scuole hanno cercato di attrezzarsi e di non farsi cogliere impreparate ad una eventualità che ormai sta diventando una certezza per molte classi della primaria e secondaria di primo grado che si trovano a casa in quarantena cautelativa e per tutte le secondarie di secondo grado.

Cosa dire di questa forma di didattica?
Non vi è dubbio che fare scuola in presenza abbia dei benefici e presenti degli aspetti positivi che sono sotto gli occhi di tutti.

Innanzitutto la presenza favorisce l’interazione docente-studente e tra gli studenti stessi. I ragazzi possono beneficiare del contatto umano, di una comunicazione diretta fatta di parole, ascolto, gestualità che fanno la differenza nel processo di formazione e nella comprensione di ciò che viene trasmesso, soprattutto per gli allievi più piccoli. Nella lezione vis a vis il docente può cogliere dei segnali da chi ascolta che gli permettono di rimodulare il proprio intervento e creare un rapporto, un aggancio con i ragazzi, che, se positivo, favorisce grandemente benessere ed apprendimento. Gli studenti poi non si trovano soli durante l’intero processo, come succede per esempio nella modalità asincrona della DAD.

In ogni caso la didattica a distanza per situazioni di tutela alla salute pubblica, come quello che stiamo vivendo, diventa necessaria e presenta qualche vantaggio. Innanzitutto la DAD permette formazione senza necessità di spostarsi, risparmiando tempo e denaro.

Genera grande flessibilità, conciliando anche diversi impegni, questo soprattutto per la modalità asincrona.

Nel caso specifico della situazione pandemica, riduce la possibilità di essere contagiati attraverso contatti diretti ed indiretti e di poter seguire le lezioni senza l’uso costante e spesso sgradevole della mascherina e senza richiamare costantemente i ragazzi all’utilizzo di gel sanificanti e al distanziamento.

Nonostante la situazione, permette di mantenere una certa stabilità, incontrando, seppur virtualmente, compagni ed insegnanti, dando così un senso di appartenenza e di legame. Una situazione questa che, durante il lockdown totale, per me è stata molto importante in qualità di docente e mi ha permesso di superare più agevolmente quei giorni difficili.

Sappiamo che i bambini e i ragazzi spesso soffrono relegati nelle loro abitazioni, le famiglie fanno i salti mortali per gestire la presenza dei figli a casa, conciliando il tutto con impegni di lavoro, aiuto nei compiti, a volte scarsa dimestichezza con la tecnologia ed assenza di mezzi e supporti.

In ogni caso la Dad rimane una risorsa indispensabile in questo momento storico ed obbliga in un certo modo anche gli insegnanti, specialmente delle classi più basse, a rivedere il loro modo di fare didattica, diventando così una preziosa occasione per migliorare le modalità di trasmissione del sapere, portandola finalmente nel XXI secolo!

di
Claudia Ferraroli

Pedagogista clinica