Lettera. “I nostri cari in Rsa sono condannati al distacco nonostante il vaccino?”

Gentile redazione di Valnews sono Angela Minatta e scrivo, oltre che a nome mio, anche come portavoce di un nutrito gruppo di parenti di ospiti residenti nelle case di riposo della bassa Valtellina.

Nello specifico mia madre centenaria si trova presso la struttura di Delebio, suo paese natale, da circa 5 anni. Dal febbraio 2020 io, come i parenti degli altri, non ho più avuto la possibilità di incontrarla se non dietro al plexiglass oppure di vederla in videochiamata.

Se questo poteva essere accettabile fino alla vaccinazione di ospiti e personale delle strutture, ora ci si sta chiedendo come mai debbano proseguire tali modalità dopo aver terminato la vaccinazione anticovid. Noi parenti e tutori abbiamo dato il consenso alla vaccinazione anche nell’ottica di una graduale ripresa degli incontri di persona. Ovviamente con tutti gli accorgimenti che possano essere previsti.

Eppure dopo il vaccino siamo nella stessa condizione di un anno fa? Ma allora la vaccinazione a cosa è servita se non ha migliorato la vita dei nostri cari? Va bene preservarli dal Covid (almeno a quello dovrebbe provvedere il vaccino in buona parte!) ma se l’alternativa è farli regredire o lasciarli morire nella sofferenza del distacco dai loro affetti che senso ha avuto? Possibile che nessuno si ponga il problema dall’aspetto psicologico di persone già fragili per patologie e/o per età?

Chi deve emanare delle linee guida perché le case di riposo, fatta debita valutazione della propria situazione, possano stendere un piano per aprire alle visite? Compito dello Stato? Della Regione? Anche i parenti sono esasperati non sapendo a chi rivolgersi per ottenere risposte. Personalmente sono disposta anche ad incontrare chiunque saprà rispondere alle nostre domande. Qualcuno tra i lettori ha suggerimenti in merito?

Ringrazio per l’attenzione.

Angela Minatta