Dante in carcere. A Sondrio i detenuti studiano il Sommo Poeta

SONDRIO – Nel 700esimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri, su impulso della direttrice del carcere di Sondrio Carla Santandrea, i detenuti stanno partecipando ad un’attività laboratoriale dedicata proprio al Sommo Poeta.

“Ho ritenuto importante riattivare – sostiene Santandrea – anche se non in presenza, alcuni percorsi destinati ai detenuti per evitare di aggravare una situazione di isolamento e solitudine cui si è costretti per la pandemia”.

In particolare la professoressa Fausta Messa ha tenuto una serie di incontri sulla conoscenza nel laboratorio di letteratura che per la pandemia si è svolto on line. Il primo modulo del laboratorio è stato dedicato a Dante Alighieri. È stata privilegiata la lettura di alcuni passi della Divina Commedia, con qualche excursus ne La vita nova e nel Convivio.

“Siamo partiti dall’esperienza umanissima di Dante – aggiunge Messa – smarrito nella selva oscura, disperato e depresso, nei suoi 35 anni, un’età molto vicina a quella dei partecipanti al laboratorio. La condizione di Dante uomo ha stimolato la riflessione e un confronto di esperienze. L’incontro con Virgilio ha permesso di ragionare sul valore salvifico della cultura, sulla fiducia e sulla speranza nella possibilità di riscatto. La lettura del V canto dell’Inferno ha stimolato la discussione sul tema dell’amore-passione, della fedeltà agli impegni, del rapporto uomo-donna e del femminicidio”.

Tutti i partecipanti hanno collaborato attivamente alla discussione con apporti personali, dimostrando grande interesse per il significato profondamente umano sotteso all’allegoria del racconto dantesco. “Ha colpito molto – conclude la professoressa – la comprensione di Dante per le fragilità umane, ma anche la sua fermezza nella condanna del male e nella convinzione che il destino dell’uomo sia il raggiungimento della felicità, cioè della conoscenza del bene”.